sabato 29 ottobre 2011

Una striscia

Una sola.
Sul test di gravidanza che ho fatto alcuni giorni fa per sicurezza: dopo il capoparto due mesi fa non ho avuto più nulla.
Finestrella del controllo test colorata, finestrella dell'esito bianca: non incinta.
(Uff... sospiro di sollievo).
L'anno scorso più o meno di questi tempi avevo scoperto di essere incinta, sai che divertimento ad avere due figli a un anno esatto di distanza? giusto ora che mi sto abituando ad averne una per casa!

E però, però...
Saranno gli ormoni ancora ballerini, sarà la follia da neomamma, ma (<blush > non mi sarebbe poi dispiaciuto così tanto. Anzi, confesso che una piccola parte di me (una parte fuori di testa, evidentemente) non vede l'ora di avere un altro neonato tra le braccia per un semplice motivo: per potermelo godere fin dal primo momento.
 Con Elena ho impiegato almeno un mese per rilassarmi e guardare la pupa senza sentire una morsa di inadeguatezza. Ora immagino più sicurezza, più consapevolezza: non sarei tramortita nel passaggio dalla teoria alla pratica della maternità.
Certo,  ogni gravidanza e ogni figlio sono a sé, ma diciamoci la verità, al secondo figlio sei più preparata. Comunque andasse il parto, non sarei sotto choc come per Elena, e affronterei con più filosofia anche la faccenda dell'allattamento. Sarei meno disperata durante le sessioni di pianto perché saprei per certo e non per sentito dire che prima o poi quella fase finisce. E poi Elena avrebbe qualcuno (anzi, qualcuna, perché riesco a immaginare solo un'altra femmina, ho anche il nome!) con cui crescere insieme...

E se poi non fosse una bimba tranquilla come la sorellina? se il karma mi mandasse un terremoto ingestibile?
Pochi giorni fa ho sentito due amiche che hanno avuto il secondo figlio da pochissimo, ed entrambe erano nel pieno della fase "Machimmelaffattofà", più preoccupate per il primogenito che per il neonato. Hmmm.... a questo sarei pronta? Più in generale, esiste il momento in cui si è pronti per il secondo figlio?

PS. Domanda tecnica: a voi il ciclo dopo il capoparto si è stabilizzato subito? che faccio, compro un altro test?

martedì 25 ottobre 2011

E' più facile scegliere un'auto (mom bootcamp confused edition)

Rispetto a un seggiolone, intendo.
Già perché quando devi comprare un'auto hai un budget, hai un'idea su cosa ti piace,  e soprattutto di come la userai; sai dove la terrai e quindi la scelta si riduce rapidamente a due o tre modelli.
Con il seggiolone invece vai alla cieca: tu pensi che sia una passeggiata poi scopri che ci sono DECINE di modelli superaccessoriati e con caratteristiche variabili. Ti assale il panico: il sedile reclinabile? la retina portaoggetti? e il poggiapiedi regolabile?
Poi scopri i prezzi, e lì è un altro dilemma. Perché ci sono dei seggioloni che costano quanto una rata di mutuo, altri decisamente abbordabili e un'infinita varietà di vie di mezzo. Che faccio, risparmio sulla pelle di ma figlia? ma quei millemila euro in più di seggiolone non è meglio usarli per qualcos'altro?
Insomma, è un mese che studio, giro per negozi, molesto mamme esperte. Tra poco mi daranno il diploma di master di secondo livello in Seggioloni.
La prima, ingenua scelta (beata innocenza) è stata questa:
Fresco - Bloom
Bellissimo, eh? Cool, smart, stylish, e chi più anglicismi ha più ne metta. Poi ho visto il prezzo, che per pudore non riporto, c'è un limite a tutto. Fine della storia.

Il secondo modello visionato e a lungo considerato come scelta possibile è stato questo:
Polly 2 in 1 - Chicco


Ottimo rapporto qualità-prezzo, molto diffuso. Ci ho anche piazzato dentro la pupa: test superato, nonostante lei sia ancora piccola. Poi ho letto qualche recensione: molte lamentele, tra cui mi ha colpito una mamma su Mumsup.com che malediceva il giorno in cui era entrato in casa, perché enorme e di difficile pulizia. In effetti che non fosse proprio un seggiolone da borsetta si vedeva già in negozio, e mi era stato confermato dalla gentilissima Aprovadimamma che, pur lodandone la versatilità, mi avvertiva di verificare lo spazio in casa. Prendendo un po' di misure in cucina è emerso che Polly ci poteva andare.  A patto di togliere il tavolo o il frigorifero però.
 Pachiderma bocciato.
Sempre su Aprovadimamma ho trovato un altro seggiolone trendy:
Nano - Bloom
Bello eh? non costa nemmeno tantissimo se si cerca un po' su Internet. Chiuso occupa meno spazio di me, e guardate che linee accattivanti. Ma aperto è comunque troppo largo per il mio cucinino, e ha un po' di limiti (segnalati con la consueta gentilezza da Aprovadimamma) tipo la mancanza di sedile reclinabile, il poggiapiedi lontanissimo e la seduta in ecopelle (?!?) un po' antipatica da pulire. Addio Fresco, è stato un piacere.

Intanto ho provato il seggiolone di un'amica, che a casa sua sembrava perfetto:

Contempo-Graco

Più compatto e piccino di Polly, si chiude con facilità ed è di circa 4 chili più leggero della media. E' anche tra i più economici. L'unico difetto che gli avevo trovato era la seduta un po' cheap, sentivo la struttura dietro la plastica e faceva un po' di rumore nel reclinare il sedile. Ma pazienza, poteva andare, se avesse superato la fatidica prova misure-cucina. Indovinate com'è finita?

Per quindici minuti ho avuto un flirt con quest'altro:
Zuma - Inglesina
Che volete, ho un debole per i seggioloni stylish.  Anche questo caro come l'oro, ma a saper cercare online si trovano prezzi interessanti. Ho letto però un paio di recensioni sfavorevoli, e soprattutto ho scoperto che si limita a sembrare più piccolo: le due aste posteriori sono lunghissime e in cucina creano un simpatico effetto pista per corsa ad ostacoli. Adieu Zuma.


Intanto ciclicamente si riproponeva il seggiolone basic che più basic non si può:
Antilop - Ikea

E' bruttino, bisogna dirlo. Ma se proprio mi devo rassegnare a un pachiderma in salotto visto che in cucina non entra niente, tanto vale risparmiare, no?. E di questo ho letto solo cose buone, ovvero che fa il suo onesto lavoro di seggiolone e si pulisce in un attimo. Certo, niente seduta reclinabile, niente poggiapiedi, niente rivestimento (forse lo vendono a parte però) , ma ci puoi mettere dentro la pupa e farla mangiare. Che vuoi di più per 15 euro (20 con vassoio)?

Ad un certo punto Marito, impietosito dal mio mese di ricerche infruttuose, si è messo al lavoro e nel giro di pochi clic ha trovato quella che (almeno oggi, domani si vedrà) sembra LA soluzione:
3 sixti - Cosatto
Sento qualcuno che mormora che somiglia al primo (Fresco Bloom)? Già. Ma costa un quarto. La base è di 57x57 cm, entra perfettamente nella mia cucina. Ruota a 360 gradi quindi basta una spintarella per girare la pupa nella mia direzione invece di spostare tutto il pachiderma. Recensioni perlopiù favorevoli. E' vero, non si chiude, ed è anche pesantino: ma riflettendoci bene, quante volte avrò la necessità reale  di spostarlo? quelle tre-quattro volte vorrà dire che lo farò fare ai bicipiti del marito.
Problema (almeno per me): non l'ho visto dal vivo. Perché non mi è capitato di andare in UK ultimamente. Lo vendono solo lì, va ordinato online. Che faccio, mi fido?



venerdì 21 ottobre 2011

In visita

Oggi sono ospite qui. grazie a Maia Calenda per lo spazio sul blog ilmioparto.blogspot.com e per  la bella chiacchierata via mail.

martedì 18 ottobre 2011

Ode al Mellin 1

Chi mi legge lo sa, non allatto al seno. Non per mia scelta: non ho avuto latte. L’allattamento, o meglio, il non-allattamento è stata la cosa peggiore di tutta l’esperienza della maternità. Peggiore anche di 8 ore di travaglio+ventosa+ cesareo d’urgenza alle 4 di notte, non so se rendo l’idea.

La prima volta che mi hanno portato Elena mi hanno detto: “La attacchi subito al seno eh!” e se ne sono andati.
Ho provato ad attaccarla, è stata una sensazione bellissima. Ovviamente non usciva nulla se non poche gocce di colostro, ma io ben istruita al corso preparto, dalle riviste, da Internet e da tutti i posti dove martellavano  con l’importanza del latte materno, non mi preoccupavo, anche se Elena già piangeva per la fame.

Nelle ore seguenti l’ho attaccata ancora, e ancora e ancora. Non sapevo come gestire i capezzoli che scomparivano nella massa del seno, ma sembrava che mia figlia ne sapesse più di me su come attaccarsi. Ancora colostro e basta. Secondo giorno idem. Elena era furibonda per la fame, la conosceva tutto il reparto per i suoi strilli.

Al terzo giorno arriva un gran dolore ai seni: montata lattea in arrivo, mi dicono tutti. Evviva! Mi consigliano di favorirla con impacchi di acqua calda, e io, per amore di mia figlia, mi tengo borse d’acqua calda sul petto per tutta una lunga, torrida notte di fine giugno.

Quarto giorno, ancora niente latte. Intanto Elena ha l’ittero. Nulla di grave, basta un giro sotto la lampada, ma per scaricare la bilirubina in eccesso deve urinare e defecare, e non può farlo se non mangia, giusto? Arrivano i primi biberon di latte formulato, finalmente mia figlia smette di piangere. Intanto io mi faccio aiutare al nido ad attaccarla al seno vuoto: tutte le infermiere mi hanno manipolato, strizzato, spremuto, torto i capezzoli, accusato a turno me e mia figlia di non sapere come attaccarsi e poi ammettere che Elena si attaccava benissimo.

 Intanto però lei aveva scoperto il biberon, più facile e soddisfacente. Allora mi sono attaccata al tiralatte per ore, pur di darle prezioso latte materno come mi ripetevano tutti allo sfinimento: mai tirato fuori più di dieci grammi. Durante quelle sessioni interminabili producevo più lacrime che latte, in pratica. Ero circondata da manifesti che incitavano all’allattamento al seno, infermiere che mi facevano tenere la bambina affamata attaccata al seno vuoto “per stimolarlo” e solo quando era rauca di pianto mi davano il biberon, sempre ripetendo “Il latte materno è la cosa più preziosa per il neonato e blablabla”. Attaccavo Elena al seno e piangevamo in due per la frustrazione, le davo il biberon e piangevo io per il senso di fallimento. Mi sentivo una mamma menomata.

Siamo andate avanti così una settimana, con due giri di lampada per l’ittero. Una mattina vado al nido per il rito seno vuoto-bimba arrabbiata-biberon pieno-bimba serena e una delle solite infermiere mi fa: “Signora ma non si preoccupi, anche io ho usato il latte formulato e le dico che i bambini crescono benissimo!!”.
Ma come?!?! Ma se fino a ieri mi trapanavate il cervello con sta storia del latte materno?!?

Ho continuato a sentirmi inadeguata anche dopo l’uscita dall’ospedale.  Ogni pianto di Elena era una pugnalata perché pensavo che se avessi avuto latte avrei potuto calmarla attaccandola al seno. E poi tutti a chiedere “La bambina come sta? La allatti? E perché no?”, e io lì a sentire di dovermi giustificare quando sarebbe bastato rispondere“perché non ti fai un po' di  fatti tuoi?”.

Benedetto Mellin1, mentre io mi disperavo lui faceva il suo lavoro di latte formulato e faceva crescere la mia bambina.

Intanto io lentamente capivo che essere mamma è molto di più che offrire un seno, e che anche attraverso la tettarella possono passare amore e cura. E ho capito che l’attenzione che circola verso l’importanza dell’allattamento al seno sconfina nel terrorismo: si batte talmente tanto sul latte materno che ci si dimentica di chi, per diversi motivi, usa quello formulato. Che resta latte, mica veleno, a differenza di quanto sostengono le talebane del latte-materno-fino-alla-maggiore-età. Io dico solo: sì al latte che fa crescere tuo figlio, qualunque esso sia.  

lunedì 17 ottobre 2011

Rivoglio gli anni '50!

quelli in cui le donne stavano a casa a crescere i figli

quelli in cui nessuno si sognava di chiederti di andare a lavorare un giorno a settimana a Roma (in un'altra regione!) con una figlia di quattro mesi

quelli in cui le donne non avevano velleità di carriera

e magari nemmeno si erano uccise all'università, dottorato e quant'altro per fare poi le superprecarie a trentadue anni

quelli in cui il congedo di maternità non esisteva perché la maternità era LA condizione perenne
e quindi meglio dei miei 5 mesi risicati e insufficienti

quelli in cui le nonne non lavoravano pure loro! e non dovevi barcamenarti tra orari e disponibilità di parentame vario
quelli in cui la babysitter che hai trovato non guadagnava più di te (superprecaria superqualificata eccetera)

quelli in cui se volevi di più dalla vita facevi un altro figlio!



Si capisce che a novembre torno al lavoro?

giovedì 13 ottobre 2011

Istinto vs Intuito

Matrioska: "Oddio come farò con una neonata? come capirò perché piange, se ha sonno e tutto il resto?"
Chiunque: "Non ti preoccupare, ti aiuterà l'ISTINTO MATERNO".

E così, rassicurata da quest'affermazione, ho aspettato che insieme alla montata lattea arrivasse l'istinto materno. Non è arrivata né l'una né l'altro.

La primissima volta che ho visto Elena e l'ho stretta tra le braccia, tutta nuda dentro a una copertina di carta rosa, ho pensato anzitutto "Ma allora quando al risveglio mi hanno detto che era bellissima non era una balla!".
E poi ho sentito forte, fortissima, la sensazione che quei tre chili e settecento grammi di capelli neri e ciccine rosee fossero FUORI da me. Non l'ho riconosciuta come una parte di me venuta alla luce, l'ho conosciuta in quel momento come essere umano indipendente e autonomo (e bellissimo, l'ho già detto?), affidato a me dal destino, da Dio o dalla natura, fate voi. Mi sono sentita desiderosa di crescerla, di conoscerla, e altrettanto smarrita all'idea di un compito così vasto, così impegnativo.
Quando poi ha cominciato a piangere, il panico assoluto. Che dovevo fare in quel momento? Cervello-chiama-istinto materno-cervello-chiama-istinto materno- dove cavolo sei istinto materno, ad ubriacarti nei peggiori bar di Caracas?-. 

Era così piccola che temevo di romperla (e dove aveva la manopola del volume? era bloccata sul massimo!), me la tenevo tra le braccia aspettando l'illuminazione. Ma il mio istinto ormai sbronzo doveva essersi accasciato in qualche vicolo scuro del mio cervello.
Qualcuno nella stanza mi disse "Attaccala al seno". Ci provai, e scoprii che non era affatto facile, manco per niente. Provai e riprovai poi lei si addormentò in braccio a me. Ero segretamente sollevata che dormisse, poteo prendere fiato dopo venti minuti di apnea.
Nei giorni seguenti in ospedale mi sono trovata questo fagottino urlante per la fame tutto il giorno, e l'aiuto di mia madre che mi ha fatto da angelo custode in realtà mi avviliva, perché vedevo che lei sapeva cosa fare e io no. Aggiungiamoci che il latte non arrivava e capirete quanto mi sentivo menomata come mamma.

Una volta dimessa sono stata da mia madre per un paio di settimane, armata di latte formulato, biberon e buon propositi. Elena piangeva e dormiva (che altro deve fare un neonato?), a cicli brevi e continui. Io mi sentivo cronicamente stanca, ma quando mia madre o le mie sorelle si prendevano cura di lei per farmi riposare non ci riuscivo, piena di sensi di colpa. Quando scoppiava in  pianto stavo lì a cullarla, pregando che arrivasse mia madre con il teletrasporto e la calmasse all'istante.

Al ritorno a casa mia ero preoccupata di non sapermi prendere cura di lei, senza la supernonna. Poi un giorno è passato, poi due, tre, una settimana. E io ho cominciato pian piano a rilassarmi. Certo, era sempre una gran fatica e rubavo manciate di minuti di sonno in ogni momento possibile, ma cominciavo a conoscere mia figlia, a capire in che modo tenerla in braccio per farla mangiare e farla dormire. Quando ho avuto l'illuminazione che le ninnananne non la facevano addormentare ma ne destavano l'attenzione il livello della nostra vita è migliorato di colpo.

Il famoso istinto continua ad essere in coma etilico, ma è arrivato il fratello povero, l'intuito. Gradualmente, con i gesti ripetuti ogni giorno, con 24ore su24 passate insieme, Elena ed io ci siamo conosciute, capite, e amate.
Un mix di buonsenso, pazienza, attenzione e amore: questo è per me l'intuito di una mamma, quello che ti fa capire che sta per arrivare il sonno, o la fame, o la voglia di giocare.
Non è guardando mia figlia negli occhi che per magia capisco che cosa vuole. E' imparando come guardarla, restando concentrata su di lei e apprendendo l'arte della pazienza che sono arrivata alla naturalezza del rapporto madre-figlia.
Quando oggi la sento pigolare anche se sono in un'altra stanza mentre nessun altro la sente, l'ospite in visita dice compiaciuto (più spesso compiaciutA): "Eh, l'istinto materno..."
Eh, l'istinto materno un paio di palline da tennis! sono allenata a sentirla, ho le orecchie tarate sulla frequenza della sua voce. E se lei si agita in braccio all'ospite e passata (in fretta e furia) in braccio a me si addormenta all'istante, eccolallà con l'istinto materno un'altra volta. E il fatto che questa bimba conosca me  meglio di chiunque altro, quindi con me si sente al sicuro perché la tratto come vuole e come sa?
Comunque finora, nonostante la mia propensione alle repliche fulminanti, non ho mai risposto male a nessuno. D'altro canto, che ne sanno loro: solo noi mamme sappiamo che l'istinto materno non esiste.

E voi che ne pensate? avete avuto l'illuminazione o ve la siete costruita con fatica?



lunedì 10 ottobre 2011

Coprofilia (roba da mamme, astenersi pervertiti)

Sì, lo so, è una perversione sessuale.
No, non è il mio caso.
Però se si mette da parte l'accezione con cui si usa questa parola e ci si sofferma  sull'etimologia esce fuori copros= feci e filìa = amore. E in questo contesto desessualizzato di affettuoso interesse per le feci altrui io mi ci ritrovo perfettamente, perché da quando sono mamma la cacca è uno dei miei pensieri principali ogni giorno.
Elena, come molti bambini che bevono latte formulato (altresì detto artificiale, ma questa definizione non mi piace, poi magari ci ritorno su questa cosa) non fa la cacca ad ogni poppata, ma, quando va bene, una volta al giorno. Spesso una volta ogni due giorni, e ogni tanto anche ogni tre.
Ho un database mentale della cacca che fa invidia a un computer, e appena scadono ventiquattr'ore dall'ultima scarica comincio ad agitarmi un po'. Se arriviamo al giorno dopo comincio a blandire mia figlia e a ripromettermi di usare mezzi estremi. Se, Diononvoglia, arriviamo al giorno dopo ancora comincio ad attrezzarmi. Finora non ho mai avuto bisogno di ricorrere a rimedi invasivi ma sono pronta a tutto. E qualunque mamma con cui parli mi dà una dritta. Finora, tralasciando il sondino rettale che non è ancora stato necessario, mi è stato suggerito di:

- aggiungere 10 gr di acqua nel biberon per ammorbidire le feci (lo faccio regolarmente, mi sento di dire che non fa magie ma aiuta)

- massaggiare il pancino in senso rigorosamente orario (ma perché orario? comunque, fatto ogni tanto, mai che abbia funzionato. O sarà colpa mia, quando quella volta mi sono distratta e l'ho fatto in senso antiorario?)

- tenere le gambine sollevate (fatto ripetutamente, ma ho l'impressione che serva più alla mamma che si illude di aiutare che alla bimba)

- mettere supposte di glicerina (ancora non necessarie, spero di non arrivare a usarle)

- stimolare il retto con: #cottonfioc
                                  # termometro
                                 # (tenetevi forte) prezzemolo.
Quest'ultima cosa mi è stata suggerita per la prima volta da mia madre, che raccontava "Quando capitava a voi figlie io vi stuzzicavo con un gambo di prezzemolo". Al che io incredula ho detto "Ma come?!?"  e mia madre, piccata replicava "Guarda che lo lavavo prima eh!"
Comunque, andando oltre lo stupore di scoprire scopi impensabili per il prezzemolo,  il principio meccanico di stimolare il tratto finale dell'intestino per avviare una reazione a catena mi pare sensato, ed è lo stesso anche per l'uso del cottonfioc e del termometro. Non ho ancora testato questo metodo (o meglio, non l'ho ancora testato su altri visto che a quanto pare mi è stato fatto da piccola) perché mia figlia pare capire quando sono abbastanza angosciata da stare per lavare il prezzemolo, e si regola di conseguenza, producendo materiale ad alto tasso di inquinamento e in quantità sorprendenti per un corpicino così piccolo. Intanto cerco di togliermi il vizio di dirle "Perché non MI fai la cacca amore"? , paventando il momento in cui capirà di avere - anche - questo supremo potere su di me ed elargirà o rifiuterà la cacchinasanta a seconda delle sue politiche filiali.
Qualcuno ha qualche altro suggerimento? mamme coprofile come me, che potrei fare per aiutare la mia bimba e dormire  senza questo pensiero fisso?

giovedì 6 ottobre 2011

Mom bootcamp- L'aspiratore nasale

Quando sono diventata mamma - tre mesi e un pugno di giorni fa, ma pare una vita - ero pronta a: cacca, pipì, rigurgiti, coliche, pianti. Ero disposta perfino a toccare il moncone ombelicale (che però grazie a dio è caduto prima, non vi dico il sollievo), e mi ero anche portata avanti con il lavoro preparandomi già ai dentini. Ma non mi era mai venuto in mente che la pupa, tra le varie necessità, avesse bisogno anche di farsi pulire il nasino. 
Così, arriva il giorno in cui Elena respira come un bollitore del tè: è chiaro che ha il naso chiuso, e guardano attentamente nelle narici si può vedere una massa di robina che le ostruisce.
Panico.

La supernonna va in missione e torna dalla parafarmacia con un oggetto nuovo: l'aspiratore nasale.
Panico ancora. Come cavolo si usa?

Guardando la confezione mi pare di intuire che un'estremità vada nella narice del bambino - e fin qui mi pare facile- e l'altra in bocca al genitore. In bocca?!?
L'aspiratore nasale sarebbe quindi un aspiratore umano?

Superpanico. Ma il fischio al naso di Elena si faceva più forte quindi mi sono fatta coraggio e ci ho provato.

Stendiamo un velo pietoso sulla prima volta, e a volerla dire tutta anche sulla seconda e la terza: l'importante è che ci sono riuscita in qualche modo, e, dopo un'estate rovente in cui ho scoperto che l'aria condizionata, anche se al minimo,  favorisce l'ostruzione del nasino, direi che sono cintura nera di aspiratore nasale. Si può fare, vi assicuro. 

Funziona più o meno così:
 - quando il pupo fischia o respira male si osservano le narici come se si stesse guardando la televisione e si decide se sia il caso di intervenire.

- prima di cominciare ci si assicura di avere tutto pronto a portata di mano perché la rapidità è essenziale (capirete perché)

- per facilitare l'operazione si umidificano le narici, ovvero vi si spruzza qualcosa di liquido e sterile. Vanno bene sia gli spray/fialette in commercio (ce ne sono di diversi tipi e prezzi) che semplice soluzione fisiologica acquistabile per poco in farmacia. Gli spray solitamente hanno già un erogatore, per le fialette e la soluzione fisiologica si preleva il liquido necessario (2 cc, più o meno) con una siringa e lo si spruzza (senza ago ovviamente!) nelle narici, se possibile con delicatezza.

- Si prende DI CORSA l'aspiratore, se ne mette in una narice l'estremità apposita, e si comincia ad aspirare con forza dall'altra, modello crisi asmatica grave. Dopo qualche aspirazione si vedrà un caccolone gigantesco, impensabile in un nasino così piccino, entrare nel filtro dell'aspiratore e depositarsi sulle pareti o sul fondo. Niente paura di farselo arrivare in gola, c'è un filtro assorbente alla base, e in ogni caso il tubicino è lungo.
- si ripete l'operazione dall'altra narice.

Ah, quasi dimenticavo. Dallo spruzzo della soluzione in poi il pupo urlerà come se lo si stesse scannando, si contorcerà e cercherà di strapparsi dal naso l'aspiratore. 
Non fatevi impressionare, perché non si fa male: l'aspirazione è indolore (e lo so perché l'ho provata!) ,  è solo una reazione al fastidio dell'acqua nel nasino e all'essere tenuto bloccato per una trentina di secondi. D'altra parte, vorrei vedere voi, se mentre state tranquille per i fatti vostri arriva qualcuno e vi mette un dito nel naso.




PS. Tip #1 : di solito gli aspiratori vengono venduti con due o tre filtri , che per i produttori sono monouso e vanno cambiati a ogni operazione. Il che vuol dire che in caso di bimbo raffreddato se ne farebbe fuori una confezione al giorno. Io ho provato a lavarli, sterilizzarli ( al microonde con l'apposito sterilizzatore) e riutilizzarli: un successone. E quando il filtro assorbente è davvero inutilizzabile si può sostituire con un semplice fiocco di ovatta, che filtra uguale. 
Tip #2: anche se i produttori suggeriscono di pulire in questo modo il naso prima di ogni poppata, vi sconsiglio caldamente di seguire questa strada. Usate l'aspiratore (o anche solo gli spray nasali) solo quando necessario, o alla terza applicazione della giornata i vicini chiameranno i servizi sociali...